Cultura

Viaggio al cuore dell’Europa. Quell’enigma nelle Fiandre

Una terra cattolica, dove ormai la chiesa è quasi uscita di scena. Qui il dibattito sulle radici cristiane del vecchio continente non indigna nè, tanto meno, appassiona.

di Giuseppe Frangi

In questa stradina a gomito, nel cuore di Bruxelles, i tavolini del bar Au Soleil arrivano sin sul ciglio del marciapiede. La sera è bella, lunga come tutte le sere del nord, piena di giovani e di musica. Nell?angolo, un po? defilata, si alza la facciata elegante e accogliente della chiesa di Notre Dame di Bon Secours, che le guide assicurano essere una delle più antiche e più popolari della città. I gradini del minuscolo sagrato servono da tavolini aggiunti, per i tanti che non hanno trovato posto. Il mattino dopo, alle 11 c?è l?unica messa domenicale e lo stesso luogo sembra tutto un altro luogo rispetto alla sera precedente. Spariti i tavoli, spariti i giovani, marciapiedi lindi: persino il bar scopre le insegne e rivela di essere un?antica boutique di abbigliamento che ha cambiato ragion d?essere, salvando le apparenze. Le campane martellano a pieno organico nel cielo azzurro di Bruxelles, ma la loro dolcissima insistenza rivela una sottile inquietudine. Chi verrà oggi alla messa di Notre Dame di Bon Secours? Poco alla volta la gente sbuca dalle viuzze. Non sono molti, hanno sulla carta d?identità qualche decennio in più rispetto alla popolazione che qualche ora fa occupava quello stesso selciato, e, fatto abbastanza sorprendente, si conoscono tutti. Si salutano, si sorridono, si avviano a gruppetti ciascuno al proprio posto come se dovessero sedersi in classe anziché in chiesa. Alla fine saranno una cinquantina, con le sedie tutte in cerchio, attorno ad un altare spoglio. La messa, ahinoi, è in fiammingo. Ma non è la lingua la sola cosa strana del rito. Il prete, notevole affabulatore, intrattiene con dei continui fuoriprogramma che stimolano l?attenzione dei fedeli ma che lasciano un po? spaesati il gruppetto di inconsapevoli stranieri. Ci si raccapezza per un attimo alle letture, poi è di nuovo naufragio. Persino il testo della consacrazione ha subito un vero terremoto come si può intuire seguendo quel parlato incomprensibile sul quadernetto premurosamente distribuito a tutti, appena varcata la soglia della chiesa. Tante scuole poca fede Così vanno le cose nel cuore dell?Europa, un continente che certamente è nato nel cristianesimo, ma che evidentemente ora ci si è un po? perso. Non che manchino i simboli e le strutture. Girando per l?antica terra belga, punteggiata di guglie gotiche, per esempio, è facile stupirsi quante siano le scuole private cattoliche, come il collegio di Onze Lieve Wrouw (così si scrive Nostra Signora nella lingua fiamminga) che con la sua facciata si fa largo tra gli alberi degli antichi velieri all?ancora al porto di Ostenda. Non c?è bisogno di molti ragionamenti per capire che , in queste terre il cristianesimo, è ormai catalogato tra i reperti dell?antichità. A Tournai, la cattedrale di Notre Dame, la più bella del Belgio, un vero capolavoro solenne e armonioso, chiude allo stesso orario dell?annesso museo: le 16,30. Ad Anversa, la grande chiesa di St. Jakob, che innalza la sua mole così romana e così barocca tra le migliaia di disciplinatissimi tetti con i loro frontoni a gradoni, segue le regole di un museo e si concede un giorno di chiusura a settimana, il martedì. All?ultima colonna un cartellone ricorda i parrocchiani morti durante l?anno di grazia 2003. L?elenco è lungo e se la statistica ha ancora una sua logica dovrebbe testimoniare livelli di frequenza fuori dalla media. Poi si vanno a leggere le date e si scopre che quei poveri morti avevano tutti dagli 80 anni in su. Anche sotto queste volte ariose e immense il cristianesimo se non è ancora un oggetto da museo sta scivolando impietosamente verso l?estinzione. La giovane Anversa Eppure non si respira nessuna ostilità, in questa magnifica città che si allunga sulla Schelda, ultimo avamposto cattolico prima del mondo protestante. Qui, in pieno ?500 si accesero sfide decisive tra i fedeli a Roma e gli adepti di Calvino. Questi ultimi avevano acceso la miccia attaccando niente di meno che la solenne processione dell?Assunta. Poi, in preda a una follia giacobina e iconoclasta, avevano distrutto tutte le immagini sacre che popolavano le chiese di Anversa. L?ultima parola però era toccata ai cattolici, che a fine ?500 avevano rimesso piede in città, l?avevano ripopolata di immagini sfolgoranti, sfornate da quell?incredibile ?factory? messa in piedi da Pieter Paul Rubens. Oggi per le strade sembra di vedere molti più giovani che nel resto del Belgio, le biciclette sfrecciano da dominatrici delle strade come nella vicina Olanda, presente e passato si compenetrano in un equilibrio affascinante e assolutamente unico. Qua e là per le strade spuntano gli antichi calvari, gruppi di statue a misura naturale con la rappresentazione della Passione. Ci si chiede che cosa dicano oggi a quei giovani lanciatissimi in questa nuova capitale dell?architettura, della moda e del design. Vengono alla mente le parole di Charles Péguy, quando scriveva che “per primi, dopo Gesù, vediamo tutti i giorni crescere e non decrescere, prosperare e non deperire, nascere e non morire una società intera incristiana, postcristiana”. Ha ragione Pèguy: il cristianesimo sembra passato senza lasciar traccia e se tracce fisiche restano, è arredo urbano che parla una lingua sconosciuta. Davanti a una realtà così, cosa può cambiare una parola tolta o aggiunta alla nuova costituzione europea? Verrebbe voglia di chiederlo ad Elisabeth, studentessa, faccia carina e un filino triste, che si guadagna un po? di soldi servendo ai tavoli di un vecchio e affascinante locale proprio ai lati dell?immensa cattedrale. Anche lei come quasi tutti i suoi coetanei ignora il francese, ma si industria con pazienza a farci comprendere i contenuti di un incomprensibile menù. Porta pantaloni a vita bassa e un piccolo percing all?ombelico; tra un?ordinazione e l?altra si guarda in giro, in cerca di qualche faccia conosciuta. E in effetti, tanti ragazzi, passando di lì, si fermano e la salutano. Eppure il passato è lì davanti, a pochi metri, splendente e per nulla cupo, incombente ma per nulla opprimente. Non è un passato carico di colpe, come testimoniano le campane che non si lasciano scappare neanche i quarti d?ora dall?alto dei 122 metri della torre della cattedrale. è un passato che potrebbe avere ottimi motivi per inorgoglire, come dimostra la storia straordinaria del Sint Janshospitaal di Brugge. Un?istituzione sanitaria che già nel 1400 garantiva assistenza e ospitalità a tutti, dimostrando un?efficienza pari al suo spirito d?accoglienza. Oggi è un museo, ma l?idea che un edificio così bello e così arioso fosse stato pensato e interamente dedicato per accompagnare chi, con ogni probabilità, non aveva nessun futuro davanti a sé, dà ancora l?idea di una società profondamente solidale, in cui il gratuito aveva tanto spazio d?azione e costruzione. Una forma fragile Qualcosa di quel mondo ancora resiste, a poche centinaia di metri di distanza. è uno dei luoghi di maggior suggestione della città. Anzi una piccola città nella città, come ne esistevano tante in Belgio. è il Begijnhof, sorta di monastero laico e aperto, microcosmo mirabile, costituito di tante casupole tutte semplici e tutte uguali in cui tradizionalmente finivano per vivere le vedove e le donne non sposate. Insieme facevano rete e comunità, e fungevano da stanza di compensazione solidale della società esterna. Il Begijnhof di Brugge è uno dei pochi ancora vivo. Lo abitano alcune semplici suorine, con i veli un po? sgualciti, che seguono la regola di Benedetto. Alle 17 di un giorno piovoso sono radunate nel coro della chiesa per recitare il vespro. Sono su di età, ma si muovono leggere come non fossero troppo attaccate alla vita. Colpisce poi l?agilità con cui si prostrano in un inchino profondo ogni volta che passano davanti al Santissimo. Si vede che sono contente e non chiedono più di quello che hanno. Forse sono l?ultimo scampolo di una storia millenaria. O forse sono la forma fragile e umile con cui quella storia continua silenziosamente a vivere…


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